
22/12/2024
Partito Comunista – Federazione Estero
Le Proteste in Serbia: Foto di Nataša Nava
Le proteste in Serbia stanno catalizzando l’attenzione nazionale e internazionale, evidenziando il profondo malcontento popolare verso un regime sempre più autoritario. Guidato da Aleksandar Vučić, presidente e leader del Partito Progressista Serbo (SNS), il governo serbo si trova al centro di accuse di corruzione, controllo sui media e politiche economiche neoliberiste che hanno aumentato le disuguaglianze sociali.
Le proteste hanno messo in discussione il modello politico del Partito Progressista Serbo, un tempo legato alla tradizione socialista ma ora fortemente orientato verso politiche che favoriscono il capitale straniero e una borghesia nazionale. Le proteste in Serbia sono il segno tangibile di una crescente frustrazione verso un sistema che concentra il potere nelle mani di pochi, marginalizzando le richieste della maggioranza della popolazione.
L’opposizione politica, seppur frammentata, ha cercato di canalizzare il malcontento attraverso coalizioni come “Serbia contro la violenza”. Tuttavia, le divisioni interne e la repressione governativa hanno limitato l’impatto di queste iniziative, dimostrando quanto sia complesso costruire un’alternativa credibile.
L’evento scatenante delle proteste è stato il crollo di una stazione ferroviaria a Novi Sad, un tragico simbolo delle carenze infrastrutturali e della corruzione endemica. Questo episodio ha acceso l’indignazione pubblica, trasformandosi nel catalizzatore di una mobilitazione più ampia che denuncia il degrado sociale, economico e politico.
Le proteste in Serbia vedono una partecipazione eterogenea: giovani, studenti, lavoratori, pensionati e intellettuali sono scesi in piazza per chiedere democrazia, giustizia sociale e rispetto dei diritti umani. Notevole è la partecipazione femminile, segno di una società civile che vuole farsi sentire su più fronti.
Nonostante la mobilitazione pacifica, le proteste sono state segnate da scontri con le forze dell’ordine e da episodi di violenza. Il governo ha risposto con arresti arbitrari, intimidazioni e una massiccia manipolazione mediatica. Questo approccio repressivo ha esacerbato il malcontento, consolidando la percezione di un regime autoritario incapace di ascoltare le richieste popolari.
In una prospettiva più ampia, le proteste in Serbia possono essere lette come l’emergere di una nuova fase della lotta di classe. Il regime di Vučić rappresenta gli interessi di una classe borghese legata al capitale straniero, mentre il popolo serbo, con le sue richieste di giustizia sociale, cerca di opporsi a un sistema che privilegia il profitto a scapito del benessere collettivo.
Nonostante le difficoltà, le proteste in Serbia offrono una speranza per il cambiamento. L’unità e la solidarietà tra le diverse componenti della società serba saranno fondamentali per superare questa crisi e costruire un futuro basato su equità, giustizia sociale e controllo popolare delle risorse.
Queste mobilitazioni rappresentano un monito per tutti i movimenti di liberazione: la lotta per un mondo migliore richiede perseveranza, ma la storia dimostra che il cambiamento è possibile quando il popolo si unisce contro l’ingiustizia.