Partito Comunista – Federazione Estero

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25/11/2021 By Commissione Donne Partito Comunista - Federazione Estero Non attivi

Violenza sulle donne, violenza di genere, violenza domestica

Le radici dello scontro.

Sono lontani (ma neanche così lontani) i tempi in cui in Italia vigeva la legge 442 del Codice Penale, che tutelava o sanciva o prescriveva cose per noi oggi folli come il matrimonio riparatore(art. 544), il delitto d’onore (art.587) oppure, questa è bella, l’abbandono di un neonato per causa d’onore (art. 592), ovviamente abbandono da parte del padre. Legge abolita nel 1981, certo, ma tuttavia la società civile si trova ancora a dover fare i conti con la grave questione della violenza contro le donne, detta femminicidio nella sua forma più estrema. Tenendo come punto fermo la condanna legale da garantire anche con norme ad hoc, aggravanti di giudizio e severità di punizione, possiamo però forse anche chiederci se esiste un motivo specifico, una radice magari comune alle altre forme di violenza domestica. Forse si, ma è da ricercare in una dinamica complessa.

Cercherò di riassumere questa breve analisi attraverso tre elementi:

-l’archetipo violenza

-gli archetipi femminili

-gli archetipi maschili

Partiamo dal primo. La violenza, in senso generale, ha un’origine ancestrale, primordiale, ed esiste in natura, anche se questo non vuol dire che sia inevitabile, ma piuttosto che essa è l’approdo inevitabile di situazioni estreme, e per non averci a che fare è necessario non arrivare a queste situazioni estreme. In questa sua caratteristica “universale” la violenza ha un valore che definiamo “archetipale”.

  • archetipale tutto ciò che vale in ogni tempo ed in ogni luogo trascendendo le distinzioni di cultura e di epoca storica, ed ha un seme originario dal quale derivano tutte le forme successive, attuali e future.

Per comprendere il senso attuale della violenza dobbiamo individuarne l’archetipo

originario che, come ogni archetipo, non è scomparso ma agisce e si manifesta

nell’epoca contemporanea.

L’esperienza primordiale – archetipale della violenza, quella che ha generato un’impronta morfologica sulla nascita e lo sviluppo del Sé degli individui, è legata

all’esperienza della sopravvivenza. Secondo la teoria darwiniana, la violenza nasce dunque all’interno di un vissuto istintivo, che non è dimenticato dall’uomo con l’evoluzione, ma giace silenzioso nelle parti più recondite della mente pronta a scattare quando si presentano situazioni che non sappiamo come affrontare con gli strumenti della “ragione”.

Legata alla sopravvivenza e all’istinto di sopravvivenza è anche la funzione riproduttiva, quella che sta all’origine biologica del rapporto tra il maschile e il femminile. Da un punto di vista antropologico, con la creazione del nucleo riproduttivo (quello che garantisce la continuità della specie) la difesa del territorio di caccia si allarga alla difesa del “focolare”.

In questa nuova funzione difensiva la violenza trova, antropologicamente, una nuova

ragion d’essere.

Il presupposto della difesa e dei conseguenti atteggiamenti anche violenti connessi alla difesa passa inevitabilmente attraverso il vissuto del possesso, attraverso l’esperienza della proprietà, quella che oggi chiamiamo in senso più sociologico la proprietà privata.

Nell’uomo, a differenza degli animali, a questi due livelli istintuali (la sopravvivenza e la riproduzione) si sono aggiunti altri livelli dati dalla evoluzione psico-sociale, ma questo non vuol dire che le energie istintuali siano scomparse. Intervengono e prevalgono in caso di stress. Lo stress fu definito da Hans Selye (1907 – 1982, medico psichiatra, ricercatore) come la risposta non specifica dell’organismo a qualsiasi pressione o richiesta, in altre parole a uno stimolo negativo.

Il più recente neurocognitivismo ha ben documentato la relazione esistente tra la struttura morfologica più antica del cervello, il diencefalo, e le reazioni di stress attivate nell’apparato neurovegetativo di fronte ad una sollecitazione esterna, oggi come nella preistoria.

Le reazioni neurovegetative che si sviluppano in caso di stress sono oggi impropriamente attivate in situazioni ritenute inconsciamente pericolose anche se non lo sono oggettivamente, allo stesso modo di come nell’uomo preistorico venivano attivate davanti ad un pericolo reale davanti al quale era necessario scegliere rapidamente il comportamento più adeguato: fuga, evitamento o attacco.

Questa reazione “impropria” del sistema neurovegetativo scatta dunque in quanto reazione appresa e consolidata nella struttura istintuale della coscienza, conservata nel diencefalo e pronta a scattare al momento opportuno per salvaguardare le funzioni biologiche fondamentali: la sopravvivenza e la riproduzione della specie.

Ma la cosa più importante è che questo tipo di reazione “impropria” scatta solo quando viene meno la capacità elaborativa delle funzioni superiori carattere cognitivo, in pratica quando la persona si trova di fronte ad uno spaesamento emotivo molto forte.

I casi di femminicidio riguardano una frustrazione emotiva che porta a vivere , per questo tipo di uomini, ade esempio la separazione come un attacco al proprio ruolo di padrone/protettore della coppia, un ruolo oggi socialmente inesistente, ma che vive nell’istinto primordiale di coloro non sono stati in grado o non hanno avuto la possibilità di elaborare un’evoluzione personale.

L’atto finale dunque rappresenta l’espressione di un fallimento soggettivo e sociale. Il fallimento soggettivo è quello legato alla incapacità di elaborare il proprio ruolo nella coppia; all’incapacità di elaborare la condivisione e l’accettazione come elementi chiave di una relazione adulta.

Il fallimento sociale è quello relativo al riconoscimento e all’esaltazione di un modello ci comportamento basato sull’accumulo, sul possesso delle risorse, sulla “predazione”, come valori tollerati e anzi incentivati.

Possesso, arricchimento, conquista di beni e “territori di caccia”; in questa logica sociale si condizionano e spesso si definiscono le relazioni interpersonali, e le stesse relazioni affettive.

Il maschile vi trova una connessione inconscia con la funzione primordiale della protezione dei beni; agisce la relazione tra il possesso e la violenza necessaria alla difesa dei beni; attua una sovrapposizione inconscia tra relazione affettiva e relazione di possesso legando l’altro elemento della coppia in un abbraccio di protezione mortale.

Bene, passiamo ora agli archetipi del femminile e del maschile, prendendo a riferimento i due testi dall’autrice e psichiatra Jean S. Bolen Le Dee dentro la donna, Gli dei dentro l’uomo.

Come per il concetto di violenza, anche gli archetipi sono da considerare come delle immagini generali, degli stereotipi se vogliamo, che riassumono un certo tipo di personalità, modus operandi e missione esistenziale. Secondo gli studi della Bolen e di Jung prima di lei, dalla fine dell’infanzia in poi, ma forse anche prima, ognuno di noi inizia a creare delle sovrastrutture psicologiche che gli servono da mappe cognitive e comportamentali per comprendere e interagire con la comunità. Costantemente per tutto il corso della nostra vita ci esprimiamo attraverso l’azione o non azione di questi archetipi, sette per il femminile e otto per il maschile. Naturalmente il concetto di archetipo è molto più antico, compare sotto forma di divinità in praticamente tutte le culture e le religioni della storia dell’uomo fin’ora conosciuta, ma se prendiamo come riferimento gli studi della Bolen dovremo rifarci alle figure della mitologia greca.

Non entrerò nello specifico di ogni archetipo, per ora ci basti sapere che nel femminile abbiamo le dee indipendenti, le dee dipendenti e una dea

alchemica, mentre nel maschile si distingue fra gli archetipi “padri”, gli archetipi dei cosiddetti figli prediletti e quelli dei cosiddetti figli rifiutati .

Le dee indipendenti rappresentano l’attitudine della donna a focalizzarsi sui propri interessi al di là del giudizio altrui, questi archetipi non cercano la realizzazione di sè attraverso il rapporto col maschile.

Al contrario le dee dipendenti cercano la realizzazione di sè e della propria missione, dimostrando a se stesse e alla comunità il proprio valore in base al loro rapporto col maschile, attraverso i ruoli tradizionali della società patriarcale, ovvero moglie, madre e figlia. Questi archetipi si completano ed esprimono solo attraverso uno o più di questi ruoli. La terza dea è l’archetipo della trasformazione, che genera l’amore universale e in base al suo livello di consapevolezza, la donna può rivolgere ed usare il suo potere in modo creativo o distruttivo.

Gli archetipi del maschile denominati “padri” hanno tutti il bisogno esistenziale di possesso e ruolo, chi attraverso l’esercizio del potere (Zeus)

chi compiacendosi della sua grandezza (Poseidone), chi chiudendosi in un mondo creato da lui stesso dove è il regnate indiscusso (Ade), tutti hanno una visione enorme e cenrale di se stessi, il femminile dovrà quindi farne parte non per forza in modo subalterno ma quantomeno in modo laterale. Questi dei cercano nel rapporto col femminile la conferma alla loro grandezza. Poi ci sono gli archetipi dei figli prediletti , che, anche qui seppur in modi diversi, hanno tutti in comune un profondo amore per se stessi. non solo si amano molto, ma si stimano, hanno una grande considerazione della propria persona, si piacciono. Cercano nel rapporto col femminile uno specchio, qualcuno che non resti indietro ma che sia all’altezza.

In fine abbiamo gli archetipi dei figli rifiutati. Costoro sono i più vulnerabili, anche qui, ognuno secondo le proprie caratteristiche, ma possiamo trovare come comune denominatore innanzi tutto il trauma dell’abbandono o della solitudine, e poi la spinta al riscatto, alla rivincita. Questi archetipi del maschile sono talmente presi dalla propria ricerca che non cercano un rapporto col femminile se non come compagna per creare il proprio mondo ideale, se guardano al futuro; oppure come socia o compagna d’armi per

la loro guerra personale, se non riescono a liberarsi del passato.

Dunque che cosa significa tutto questo? se mettiamo a sistema queste informazioni possiamo facilmente capire come l’incontroscontro dei nostri archetipi possono essere conflittuali, sbilanciati verso il maschile, sbilanciati verso il femminile, centrati su scale di dipendenza più o meno patologiche e così via. un esempio per chiarezza: un uomo nel quale è molto presente un archetipo Ade- padre – e una donna (ma anche un uomo non farebbe differenza) nella quale sta agendo con gran forza l’archetipo femminile Persefone (dea dipendente, ruolo figlia) appagano l’uno attraverso l’altra la propria realizzazione o missione; i limiti pericolosi di questo rapporto sono che,se l’archetipo Persefone per una ragione o per l’altra, smette di essere così presente, lasciando spazio ad ad altri archetipi, per esempio a una dea indipendente, immediatamente l’appagamento iniziale viene meno. Nel migliore di casi ognuno si cercherà un nuovo partner. Nel peggiore dei casi, e ci ricolleghiamo all’archetipo violenza e alla situazione di stress e quanto raccontato prima, l’uomo – nel quale persiste, mettiamo il caso, l’archetipo Ade – si sentirà minacciato, ed è qui che è possibile che si realizzi l’atto violento.

Un altro esempio possiamo farlo dal punto di vista di una donna che, al netto della paura e del trauma, non riesce a liberarsi di un compagno violento.Perchè? perchè in parte ci sarà una dea dipendente molto forte ad impedirle di chiudere questo rapporto, Era l’archetipo moglie, sarà capace di qualsiasi cosa pur di conservare il suo ruolo.

Mi rendo conto che questo tipo di analisi può risultare quasi una giustificazione alla violenza. Non lo è naturalmente, è una riflessione su come ancora una volta è la conoscienza e la consapevolezza di sè a darci gli strumenti per evolvere. il problema grosso rimane l’accessibilità a questi strumenti. Sebbene non ci sia un responsabile diretto della salute della collettività ,la responsabilità educativa e sociale di tutto questo è molto forte; i modelli sociali esercitano pressioni potenti sulle persone che non hanno elaborato capacità di riflessione e consapevolezza di Sé, lasciandole in preda ai loro istinti più antichi e contraddittori, soprattutto quando si presentano situazioni emotivamente estreme, o fattori esterni molto stressanti. Inoltre la velocità, l’efficienza, la competizione, che sono diventati parametri irrinunciabili, e questo tipo di stress può spingere le persone ad agire con questi parametri a discapito della capacità di elaborazione soggettiva, della consapevolezza.

In una società perfetta ognuno di noi potrebbe analizzare se stesso adulto e capire con quale archetipo di sè e dell’altro sta avendo a che fare, ne capirebbe i punti deboli e i punti di conflitto, e sarebbe capace di elaborare una strategia pacifica di coesistenza, sceglierebbe liberamente con chi aggregarsi e con chi no.

Per lo stato attuale della nostra società occidentale non vedo al momento una strategia

d’azione, se non bloccare e cambiare il più possibile il modello di consumo occidentale sperando che, come effetto parallelo, allenti la pressione e annulli almeno quell’elemento di stress che fa perdere il senno (ammesso che ce ne sia uno) a tanti uomini.

Appendice:

Archetipi femminili

1-Artemide, Dea della caccia, della Luna, competitiva e sorella. Forza-indipendenza-autonomia-coraggio-concentrazione. Limiti: eccesso di competitività-arroganza.

2-Atena, Dea della saggezza e dei mestieri, stratega e prediletta del padre.

Stabilità emotiva-lucidità mentale. Limiti: mancanza di empatia.

3-Estia, Dea del focolare e del tempio, vecchia saggia e zia nubile.

Spiritualità-saggezza-intuizione. Limiti: mancanza di personalità.

4-Era, Dea del matrimonio, donna fedele e moglie.

Lealtà-impegno-fedeltà-sopportazione. Limiti: suscettibilità-gelosia-sospettosità.

5-Demetra, Dea delle messi, nutrice e madre.

Generosità-responsabilità-perseveranza. Limiti: mancanza di confini.

6-Persefone, Dea fanciulla e regina degli Inferi, donna ricettiva e bambina della madre.

Apertura-empatia-adattabilità. Limiti: dipendenza-eccessiva vulnerabilità.

7-Afrodite, Dea dell’amore e della bellezza, donna creativa e amante. Gioia-sensualità-spontaneità-simpatia-vitalità. Limiti: volubilità-incostanza-impulsività.

Archetipi maschili (cit. lett. J Bolen):

1-Zeus – Volontà e Potere

Zeus è un padre autoritario che vuole sempre l’ultima parola.

2-Poseidone – Emozione e istinto

Immaginate di contemplare il placido mare sapendo che un dio emotivo, irato e risentito vive sotto la sua superficie e può erompere, con ira e fragore, contro chiunque si trovi sul suo cammino, e coglierete immediatamente alcune della principali caratteristiche dell’archetipo Poseidone.

3-Ade – L’invisibile

Il tema intorno al quale gravita l’uomo Ade è l’adattamento: riuscirà a rimanere fe-dele a se stesso e contemporaneamente adattarsi al mondo esterno?

4-Ares – Corpo e impulso

Ares come archetipo, dio e uomo è un’immagine di potenza fisica mascolina, di intensità e di prontezza d’azione.Il suo cuore e i suoi istinti lo spingono ad agire e a reagire letteralmente con il corpo, senza tenere conto delle conseguenze

5-Ermes – Intelligente e sfuggente

L’inventiva, la capacità di comunicare, di pensare e di agire rapidamente sono tratti utilizzabili in maniera creativa per fare qualcosa di buono, come pure per ingannare.

6-Apollo – Ragione e distanza

Come archetipo, egli impersona l’aspetto del carattere che vuole definizioni chiare, è

portato a rendersi padrone del proprio mestiere, apprezza l’ordine e l’armonia, e preferisce mantenere una visione superficiale anziché approfondire ciò che sta sotto le apparenze.

7-Dioniso – Mistico viaggiatore

Dioniso come dio, archetipo e uomo era molto vicino alla natura delle donne. Il regno mistico e il mondo femminile gli erano familiari. Dalla mitologia sappiamo che spesso era un elemento sgradito e molesto, causa di conflitto e di follia, e può esserlo altrettanto nella psiche di un uomo

8-Efesto – Inventore solitario

Efesto come dio, archetipo e uomo, impersona un profondo bisgno umano di fare le cose, di creare oggetti che siano funzionali e belli. Rifiutato e scaraventato giù dall’Olimpo, non veniva apprezzato nell’arrogante regno di Zeus, dove le cose che contavano erano il potere e le apparenze.

Epilogo.

Fare è diventare” è un detto che esprime molto bene come gli dei possano essere evocati o potenziati attraverso determinate attività. Spesso la questione è: “Ve ne concedete il tempo?”

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