
La relazione della Commissione sulle disparità etniche e razziali sul razzismo istituzionale dichiara che non esiste più un sistema che discrimina deliberatamente le minoranze etniche e che sono fattori familiari e di classe sociale che impattano maggiormente le condizioni di vita delle persone. La relazione ammette quello che i comunisti sostengono da sempre: la “discriminazione” centrale è di classe non razziale.
Il dibattito in Gran Bretagna si è infiammato: la galassia movimentista di sinistra e il partito laburista si sono scagliati contro la relazione con grande miopia. Mantenere “sacche” di popolazione con minori diritti e salari è uno stratagemma utilizzato tutt’oggi dalla borghesia per schiacciare i diritti dei lavoratori: a volte si tratta di un gruppo etnico o religioso, altre volte una parte interna a uno stesso gruppo etnico (nord contro sud). Le minoranze etniche, emigrate forzatamente a seguito di un passato di schiavitù, guerra e colonizzazione, ingrandiscono le fila del proletariato e hanno poche possibilità di migliorare la propria condizione sociale, proprio come i proletari autoctoni. I pochi che riescono nella scalata sociale invece entrano a pieno titolo nella classe dominante.
Rishi Sunak (ministro dell’economia figlio di emigrati indiani) o Sadiq Khan (sindaco di Londra figlio di emigrati Pakistani) subiranno mai discriminazioni? Vivono forse le stesse difficoltà dei lavoratori britannici di qualsiasi etnia? Assolutamente no, anzi sono parte integrante dell’imperialismo britannico. La storia britannica ci insegna come i contrasti tra i gruppi etnici non siano costruiti solo tramite il “razzismo biologico”: prima inglesi contro irlandesi, dopo entrambi contro chi arrivava dalle ex colonie, ora immigrati di seconda generazione contro gli immigrati provenienti dalla periferia dell’UE, un tutti contro tutti, non necessariamente collegato ad una “gerarchia razziale”, che paralizza l’organizzazione dei lavoratori. Insomma, l’ultima “esca” preparata dal capitalismo britannico, attraverso la Commissione sulle disparità etniche e razziali, ha funzionato alla grande: da un lato ha nascosto meglio lo sfruttamento dando una ripulita di facciata alla lunga storia imperiale britannica, dall’altro ha scatenato il vittimismo politicamente corretto della sua “ala sinistra” che accusa genericamente i “bianchi” di razzismo, causando enormi spaccature nella classe lavoratrice.
Le cosmopolite rivendicazioni della sinistra liberale suonano sempre più come “proletari di tutto il mondo, dividetevi”. Noi comunisti non abbocchiamo e sottolineiamo il vero significato della frase di Marx “Proletari di tutto il mondo unitevi”: collaborazione e organizzazione tra i lavoratori del mondo per sconfiggere il nemico comune, il capitalismo.
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