Presentazione
Anche i connazionali che, per diverse motivazioni, si sono trasferiti all’estero,
si sono organizzati per costituire una Federazione a sé stante. Diverse cose ci differenziano dai compagni che vivono in Italia e, per questo, fin dal Congresso costitutivo del Partito del 2014 abbiamo chiesto e ottenuto deroghe e normative particolari.
La prima cosa sono le distanze: in Italia i compagni vivono la stessa realtà, si frequentano, lavorano insieme, hanno le stesse problematiche di quartiere e via dicendo.
All’estero ovviamente non può essere così: i compagni si vedono raramente, a volte non si sono mai visti perché vivono a centinaia, se non a migliaia, di chilometri di distanza.
Non solo, ci sono problematiche che esistono fuori dal Paese e non al suo interno: noi non abbiamo giunte comunali italiane, organi amministrativi italiani o un governo come controparte.
Nei rispettivi Paesi e Comuni di residenza ci sono le istituzioni locali, e per loro siamo degli stranieri; comunitari in parte dell’Europa, ma anche, all’interno dello stesso vecchio continente, nei Paesi che non fanno parte della UE. Così come nei Paesi extraeuropei.
È facile comprendere che gli emigrati italiani hanno sì delle problematiche comuni (ad esempio, per il loro stesso «status») per quello che riguarda i rapporti con le rappresentanze istituzionali italiani (Consolati e non solo), ma, allo stesso modo, i tessuti nei quali i compagni italiani si sono venuti a trovare possono essere – e spesso lo sono – profondamente diversi tra di loro.
Questo, naturalmente, dipende dal Paese di accoglienza. La nostra Federazione raccoglie infatti compagni sia di «vecchia» che di «nuova» emigrazione.
Non si trova nella stessa situazione chi emigrò negli anni Settanta (o prima), alla ricerca di un lavoro, rispetto a chi lo ha fatto successivamente nei Paesi dell’ex blocco Sovietico, o addirittura rispetto a chi vive in Asia, in Africa o nelle Americhe (anche a partire da una cosa apparentemente banale come i fusi orari).
Per questo il lavoro di organizzazione e di «omogeinizzazione» dei militanti all’estero è particolarmente difficile.
Noi da anni ci proviamo con impegno e chiediamo a tutti di darci una mano nella costruzione dell’unico strumento a disposizione delle classi sfruttate per la loro emancipazione e il loro protagonismo: un vero Partito Comunista.
Contro ogni forma di compromesso, contro il capitale, il populismo, i falsi rinnovatori e i falsi comunisti; quelli che hanno infangato le parti migliori della storia del movimento operaio internazionale, bravi a parlare, ma pronti spesso ad abiurare e a vendersi per un piatto di lenticchie.
I Comunisti, quelli veri, della loro storia sono invece fieri. Essere dalla parte giusta non è difficile… basta andare nella pagina dei contatti.
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