
La medicina e le donne
In medicina, le donne non sono uomini come gli altri.

Bisogna rivoltarsi contro le disuguaglianze di stipendi, le discriminazioni sul luogo di lavoro, lo stalking, la violenza domestica.
Però, c’è un campo in cui si sente meno parlare delle disuguaglianze tra uomini e donne: quello della salute.
A lungo, la medicina è stata esercitata dagli uomini per gli uomini.
Ci sono quindi differenze di diagnostico (più tardivo per le donne), di assistenza sanitaria (meno efficiente per le donne) e -peggio!- di trattamenti non sempre adatti alla loro particolarità.
Una persona che soffre è considerata con maggior serietà se è un uomo. I mali delle donne sono di frequente considerati psicosomatici, legati alla loro instabilità emozionale.
I loro dolori sono spesso sottostimati. Quelli di cui non si tiene conto sono i sintomi che non si esprimono per forza allo stesso modo nelle donne e negli uomini.
Inoltre, i lavori di ricerca e delle sperimentazioni cliniche in maggioranza sono realizzati su popolazioni…maschili! Perfino gli esperimenti sugli animali sono fatti sui maschi, cinque volte di più!
Ecco perché c’è un misconoscimento delle specificità della fisiologia femminile. Da mettere a repentaglio, i pregiudizi sui modi di vivere.
Quante donne, quando parlano dei loro sintomi reali, hanno sentito dire: ‘Tutto è solo nella sua testa!’, ‘Quant’è schizzinosa!’… Sono giudizi pericolosi e argomenti senza fondamenti biologici che riposano su stereotipi di genere e portano purtroppo ad un’erranza terapeutica.
Tenuto conto dell’evoluzione della società (tabagismo, stress professionale, ecc), le donne non sono più risparmiate.
Le disfunzioni cardiovascolari sono anche diventate la prima causa di mortalità femminile: il 55% delle morti delle donne in Europa (il 43% per gli uomini) e tra le persone che hanno la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), il 50% sono donne due volte più numerose rispetto a 20 anni fa. Di fronte a difficoltà respiratorie, il medico pensa prima all’asma per una donna e non a una BPCO.
Un altro esempio è quello dell’infarto del miocardio: i sintomi più correnti sono una stanchezza intensa e una sensazione di compressione al torace.
Ma a seconda della descrizione dei sintomi fatta da una donna o da un uomo, questi segni non sono interpretati allo stesso modo dal medico.
Nell’inconscio collettivo, le donne sono esseri deboli che si ascoltano troppo e piangono facilmente per attrarre la protezione degli uomini.
Invece, gli uomini sono virili, resistenti al male, sono educati per essere forti perché: ‘Figlio mio, un uomo mica piange!’.
Per gli stessi sintomi, le donne si vedono prescrivere ansiolitici e sedute dallo psicologo mentre gli uomini sono mandati illico presto dal cardiologo.
L’infarto del miocardio così è ampiamente sottodiagnosticato nelle donne (e la depressione per gli uomini è anche sottodiagnosticata), ciò che genera un ritardo nell’assistenza sanitaria della malattia. Un’aberrazione quando si sa che le malattie cardiovascolari sono la prima causa di mortalità per le donne.
Quando i soccorritori sospettano subito un infarto per un uomo, pensano prima a una crisi d’angoscia per una donna. Così sono diagnosticate un’ora e mezzo in media dopo.
In caso d’infarto prima di 50 anni, il tasso di mortalità è due volte superiore per le donne. E dopo 65 anni, il rischio di morire l’anno che segue è del 42% per le donne e del 24% per gli uomini. Per gli uomini, i segnali sono i seguenti: un forte dolore al petto, alla mascella, alla schiena, alla spalla e al braccio sinistro.
Per le donne, sono più diffusi: nausea, un dolore allo stomaco, delle difficoltà a respirare e una sensazione di debolezza generalizzata. I cardiologi osservano soprattutto le arterie coronarie principali per vedere se sono ostruite. Invece, per le donne, tali arterie possono essere intatte.
Sono i piccoli vasi sanguigni che alimentano il cuore a generare l’infarto. Si potrebbe anche citare la perdita di capacità cognitive legata al trattamento contro il cancro. Perché le donne hanno la testa tra le nuvole, quest’effetto secondario è spesso minimizzato anzi negato.
Si potrebbe anche parlare delle crisi d’isteria che etimologicamente sono appannaggio delle donne. Questo disturbo psichiatrico che significa ‘matrice’ in greco è all’origine della parola ‘utero’: difficile che un uomo ce l’abbia!
Per quanto riguarda la ricerca, solo un quarto dei pazienti a partecipare a sperimentazioni cliniche sono donne. Non stupisce più che l’80% delle medicine tolte dal mercato lo sia stato a causa degli effetti secondari molto più importanti nelle donne.
Perché le donne non vengono integrate nelle varie ricerche? Perché così le cose sono semplici. Le donne hanno cicli ormonali. Queste variazioni rischiano di distorcere i risultati. Permette anche ai ricercatori di studiare i cromosomi X e Y, entrambi presenti nell’uomo mentre solo il cromosomo X è presente nelle donne.
In Francia, hanno cominciato a discutere di questo fatto solo a partire dagli anni 2000.
L’Inserm (Istituto Nazionale della Salute E della Ricerca Medica in Francia) dispone di un gruppo di ricerca chiamato ‘Genere e ricerca in salute’ solo dal 2013, deve sensibilizzare ricercatori e medici alla questione delle disuguaglianze di salute legate al sesso e al genere.
Un altro motivo per non reclutare le donne per una sperimentazione clinica è la gravidanza. Non bisognerebbe far correre rischi al feto se una paziente si ritrovasse incinta durante il protocollo. Eppure, le donne incinte si ammalano e le donne malate si ritrovano incinte. Occorre davvero ignorarle e lasciarle soffrire in silenzio?
Il capitalismo è “il più grande agente di progresso collettivo umano mai creato”, secondo Theresa May, ex primo ministro del Regno Unito. Invitiamo lei e i fautori del capitalismo a leggere Marx (1818-1883) che ha tanto da dire sulla sanità del 21° secolo.
Lo sfruttamento della malattia a scopo di profitto è una caratteristica primaria dei sistemi sanitari nelle società capitalistiche, mentre il marxismo permette di evidenziare le tendenze inquietanti nella medicina moderna:
lo stato interviene solo per proteggere il settore privato, l’economia sanitaria è sempre più privatizzata, sono le élite professionali conservatrici a comandare le strutture ancora pubbliche, esiste un certo filantrocapitalismo a favore del paziente su cui fare profitto, le tendenze imperialiste mirano ad organizzare la sanità globale in multinazionali, le definizioni di malattia sono solo incentrate sui prodotti, le condizioni di lavoro in queste strutture generano stress, malattie e sessismo, ecc…
Il marxismo, inoltre difende una società equa, la fine di ogni tipo di sfruttamento, le scelte collettive, crede nella capacità degli esseri umani di cambiare, di adattarsi, di combattere quando serve, mantiene l’interdipendenza della comune umanità. È un appello a unirsi nella lotta contro il capitalismo.
A chi domandava all’antropologa Margaret Mead (1901-1978) che cosa considerasse il primo segno di civiltà, lei non rispondeva né le esche né i vasetti di terracotta. Rispondeva un femore rotto e poi guarito.
Nel regno animale, se uno si rompe la zampa, muore perché non può scampare al pericolo, andare a bere o mangiare. Invece, un femore rotto è il segno che qualcuno l’ha curato mentre stava guarendo, ha portato la persona al riparo, è rimasto al suo fianco.
Aiutare qualcuno ad attraversare le difficoltà, lì comincia la civiltà. E invece, in una società prevalentemente capitalista e patriarcale, ci vorranno ancora decine di anni prima che una medicina differenziata sia realmente impostata.
Chiedere una rappresentazione paritaria in tutte le ricerche ha un senso solo formale. Bisognerebbe al minimo avere una rappresentazione in proporzione delle prevalenza della malattia nelle donne.
Come ribadisce il segretario generale del Partito Comunista, Marco Rizzo, bisogna ribaltare questo sistema per una sanità pubblica efficiente.
È un settore strategico dell’Italia da ripristinare totalmente: dagli ospedali che coprono tutto il territorio alle cure del medico di famiglia con il rispetto morale ed economico dovuto a tutto il personale sanitario senza dimenticare la ricerca. La sanità deve essere pubblica e dedicarsi alla cura dell’altro come dell’altra.
La commissione donne delle Federazione Estero del Partito Comunista
Un ringraziamento speciale al compagno della cellula inglese, Alessandro.
