

Da quando la pandemia del corona virus ha invaso l’Europa molte misure eccezionali sono state adottate dai vari paesi, misure che spesso toccano direttamente i diritti dei lavoratori. E’ successo in Francia dove il governo in piena pandemia sta pensando di riformare il codice del lavoro adottando una serie di decreti che consentono deroghe al diritto del lavoro per i settori alimentare, energetico, dei trasporti e della logistica. Il governo francese sta pensando inoltre di aumentare l’orario di lavoro regolare di 48 ore settimanali a 60 ore settimanali, riducendo il tempo di riposo a 9 ore anziché 11 ore e sospendendo il giorno di riposo di domenica, in modo che le aziende possano operare 7/7. Queste misure sono state adottate senza un’adeguato controllo e coinvolgimento del parlamento e senza nessuna consultazione con i sindacati. In Polonia il 31 marzo 2020 i membri del PIS, il partito al potere, hanno proposto un emendamento che consente al Primo Ministro polacco di licenziare i membri del Consiglio per il dialogo Sociale, un’organizzazione che riunisce le organizzazioni dei datori di lavoro, dei sindacati, dei dipendenti e i rappresentanti del Stato. Il Consiglio per il dialogo sociale era responsabile dei negoziati per la legislazione del lavoro. Adesso sarà possibile licenziare un membro del consiglio che “avrebbe collaborato” con le autorità comuniste durante il periodo sovietico o che “avrebbe intrapreso azioni inadeguate” contro il consiglio rendendolo quindi incapace di condurre un dialogo trasparente e regolare tra sindacati dei dipendenti e dei datori di lavoro e il governo. Secondo Adam Rogalewski, un membro del sindacato polacco OPZZ questo consentirebbe al governo di licenziare qualsiasi membro che non sostiene la sua politica. In Ungheria i sindacati denunciano che dopo la promulgazione dello stato di emergenza sanitario è stata introdotta una legge al codice del lavoro definita dai sindacati stessa una “legge schiavitù” dove viene stabilito che il datore di lavoro e il dipendente possono discostarsi dal codice del lavoro di comune accordo. Di fatto questo cambiamento al codice del lavoro priverà i lavoratori di qualsiasi tipo di protezione, rendendoli di fatto più deboli. Sempre in Ungheria il 30 marzo scorso Viktor Orban ha ottenuto dei poteri illimitati che verranno mantenuti fino alla fine dello stato di emergenza sanitario. Questi poteri gli permettono di sospendere una legge per decreto e introdurre misure straordinarie senza alcun controllo del Parlamento. In Croazia, il governo ha cercato di far approvare una riforma temporanea del codice del lavoro, che avrebbe fortemente attaccato i diritti dei lavoratori. Avrebbe consentito ai datori di lavoro di ridurre l’orario di lavoro dei propri dipendenti nonché i loro salari, di ridurre l’importo del TFR se quest’ultimo fosse collegato alla pandemia e di consentire alle aziende la completa libertà di imporre le date di ferie retribuite dei loro dipendenti, senza il solito preavviso di 15 giorni. La riforma avrebbe consentito alle aziende di non consultare i sindacati e i rappresentanti aziendali o di rispettare i contratti collettivi che erano stati negoziati in passato. I sindacati croati e la Confederazione europea dei Sindacati sono riusciti a garantire i diritti dei lavoratori da loro rappresentati lavorando insieme, bloccando il piano del governo che il 30 marzo ha dovuto annunciare l’abbandono del suo progetto. In Belgio il governo ha ora la possibilità di governare senza consultare il Parlamento e le organizzazioni sindacali. Un governo di minoranza, sebbene con il sostegno di una grande maggioranza dell’opposizione è autorizzata a governare dalle leggi di emergenza, anche nell’area della legge del lavoro, senza coinvolgere adeguatamente il Parlamento federale e i sindacati. Un’ altro tassello di quella che sembra una vera e propria lotta dei vari governi europei contro i lavoratori e i loro diritti duramente conquistati in anni di lotta è la sospensione del diritto allo sciopero come avvenuto in Portogallo e in Romania. In Portogallo la Confederação Geral dos Trabalhadores Portugueses Intersindical Nacional, la più grande confederazione sindacale Portoghese, ha chiesto al governo di adottare misure per garantire i salari e i diritti dei lavoratori e per prevenire qualsiasi abuso da parte dei datori di lavoro durante questo periodo di pandemia. La Romania che ha dichiarato lo stato di emergenza il 16 marzo ha registrato un forte aumento della disoccupazione dovuto al ritorno di due milioni di rumeni che erano partiti per lavorare all’estero prima della crisi, in un paese che conta 9 milioni di lavoratori. Tutte le risposte alla crisi devono essere conformi ai diritti umani e assicurarne il rispetto dei principi e dei diritti fondamentali sul lavoro. Secondo un rapporto pubblicato il 16 aprile 2020 dalla Confederazione Europea dei Sindacati i primi segnali indicano già che alcuni governi usano la crisi di Covid-19 come un’alibi, come è stato fatto nel quadro della crisi economica del 2008, per minare “temporaneamente” e ridurre i diritti umani in generale e i diritti dei lavoratori e dei sindacati in particolare. Sempre secondo questo rapporto i governi stanno introducendo iniziative legislative per ridurre i diritti sindacali nelle aree di libertà di associazione, di processi di dialogo sociale, contrattazione collettiva e accordi e azioni collettive. Il rapporto esamina in particolare modo l’impatto sui diritti sindacali (libertà di associazione, diritto alla contrattazione collettiva e diritto all’azione collettiva, compreso il diritto di sciopero) dovuti alle misure adottate per far fronte all’emergenza covid. Il rapporto evidenzia inoltre come non solo in Europa, ma anche a livello globale, si nota la tendenza ad abusare di poteri e decreti di emergenza per accelerare emendamenti legislativi che limitano i diritti sindacali. I partiti comunisti e operai Europa, membri dell’Iniziativa Comunista Europea, hanno sottolineato che guideranno la lotta contro l’attacco del capitale, che di fronte alla nuova crisi procede a licenziamenti diffusi e cerca di schiacciare ulteriormente i salari, l’orario di lavoro, le vite e altri diritti del lavoro. Abbiamo espresso la nostra solidarietà con i sindacati con orientamento di classe che lottano per impedire che i lavoratori paghino le conseguenze della crisi capitalista.