
“L’illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva” Antonio Gramsci
Come non essere commossi davanti alla bambina che tenta di riconciliare con un’unica pesca mamma e papà separati però non ce la fa? Così cerca di organizzare il consenso della maggioranza dei consumatori-spettatori la catena di supermercati Esselunga che ha fatto appello all’agenzia di creazione Small basata a New York. Contrariamente alla famiglia perfetta e contenta che fa solitamente colazione, si mostra un altro tipo di famiglia: al centro è la bambina disperata e insieme fiduciosa con i genitori però definitivamente separati. Dato che suscita emozioni, questo cortometraggio che si svolge in gran parte in un supermercato è un buono spot pubblicitario. Mette in scena una bambina che trova una soluzione ai problemi di famiglia al supermercato consumando pochissimo ma consumando comunque una sola e povera pesca seppur probabilmente italiana e biologica. Ma poco importano questi suggerimenti. Invece, ci sono suggerimenti problematici: quello secondo cui la bambina deve sentirsi colpevole di non farcela a ricongiungere i genitori, quello secondo cui solo la famiglia non separata è felice come se la separazione non potesse a volte essere una liberazione da una o più situazioni di conflitto o violenza o quello secondo cui la colpa è sempre della madre. E si sa che le frustrazioni fanno consumare di più, non necessariamente i prodotti sani.
Bisogna ricordare che in Italia, la legge sul divorzio esiste dal 1° dicembre 1970 e che dal 9 novembre 2023 entrerà in vigore la ‘dichiarazione di non volersi riconciliare’. La pesca c’è solo per far emozionare gli spettatori che dimenticano che sia uno spot pubblicitario per la catena di supermercati creata da Caprotti e Rockfeller durante il cosiddetto boomeconomico. Tali spettatori sono le mire da emozionare perché si mutino in consumatori esselunghiani. È l’unico scopo di una pubblicità: far vendere facendo leva, in questo caso, su un piccolo e bel frutto che totalizza l’attenzione.
Da una parte, è un diversivo che partecipa alla frammentazione della società confrontata alla dislocazione dei diritti civili e sociali che astrattamente esistono (più o meno…) però non sono concretizzati come la legge sull’aborto, ad esempio, contrastata dalla mancanza di strutture e personale. Da un’altra parte, la famiglia separata non riconciliata non ricongiunta è presentata come un fallimento assoluto, un regresso sociale, frutto della somma degli scacchi individuali. Nella logica borghese capitalista, esiste solo la libertà individualistica che è finta libertà perché nasconde tutto quanto fallisce nella società: la pesca rappresenta casa per tutti, salute per tutti, lavoro per tutti, contratto e condizioni di lavoro giusti per tutti? In Italia, il tasso di nuzialità è basso, c’è una notevole diminuzione dei matrimoni anche per un motivo economico perché sposarsi è diventato un lusso e c’è anche un aumento dei divorzi ormai la maggior parte consensuali poiché è economicamente conveniente andare d’accordo. Il frutto unico nemmeno nasconde la povertà dilagante.
Nella logica borghese capitalista, l’individuo è colpevole, ma non si devono interrogare le responsabilità delle elite borghesi che impongonotale sistema? Le lavoratrici e i lavoratori che hanno buone condizioni di lavoro e di vita non hanno più tempo da dedicare alle proprie famiglie?
La dignità dei membri di una famiglia, qualunque sia, non va affatto affidata ad una catena di supermercati. L’utilizzo della bambina che vuole ricongiungere i genitori come strategia pubblicitaria da parte di un’azienda è tutt’altro che emozionante. Ha le sembianze di una campagna solidaristica che approfitta della dabbenaggine degli spettatori però non è null’altro che una scelta di marketing destinata ad essere virale nell’era del tam tam televisivo e social in modo da incrementare il numero di compratori. Peraltro, questo spot pubblicitario è anche un diversivo perché svia il dibattito pubblico dalle pessime condizioni di lavoro a cui sono sottoposti i lavoratori di questa ditta accusata di aver allestito un sistema di sistematico sfruttamento dei lavoratori di carattere fraudolento’. Infine, fa schifo la dipendenza dei membri di questa famiglia dal supermercato come se fosse l’unico orizzonte di vita.
Basta con lo sfruttamento capitalistico delle emozioni! Una bambina non è una merce! Socialismo o barbarie!
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