
Decomunistizzazione, Equiparazione, Proibizione
Dopo il 1989, dopo il crollo dell’URSS, c’è una prima fase di decomunistizzazione spontanea con le vie rinominate e le statue fatte saltare a Varsavia e Cracovia.
All’inizio degli anni 2000, la destra polacca che viene da Solidarnosc introduce un progetto di legge che mira a decomunistizzare lo spazio pubblico.
La legge del 2016 costringe le autorità locali a togliere tutti i nomi che simboleggiano il comunismo ed hanno un solo anno per farlo.
Vari emendamenti introducono disposizioni analoghe per i monumenti sovietici.
La semplice appartenenza al Partito Comunista sembra condannabile come se fosse impossibile essere comunisti e a favore dell’indipendenza della Polonia o come se i comunisti polacchi avessero avuto per sola motivazione quella di porre fine all’indipendenza polacca.
Le mobilitazioni a favore dei “Dabrowszczacy” costituiscono un’eccezione contro il revisionismo storico. contro il revisionismo storico.
Questi volontari delle brigate internazionali che hanno partecipato alla guerra di Spagna scelsero questo nome per riferimento a Jaroslaw Dabrowski che comandava gli insorti della Comune di Parigi.
Il loro nome attribuito a numerose vie polacche si trova sull’elenco di quelli da cancellare perché avrebbero realizzato gli scopi di guerra di Stalin in Spagna.
Protestazioni sono state organizzate per ricordare il loro ruolo di lotta antifascista. Non bisogna sovrastimare la capacità dell’anticomunismo a trasformare totalmente le coscienze.
Tuttavia, il fatto di togliere la targa che indicava la casa di Rosa Luxemburg a Zamosc oppure l’intervento della polizia durante un convegno universitario dedicato a Karl Marx ricordano che la polizia della memoria porta bene il suo nome in questo paese dell’Unione Europea.
Invece, poco lontano dalla Polonia, nel 2014, il 2 maggio, la carneficina che ha luogo a Odessa dove 40 cosiddetti “separatisti” sono morti nell’incendio della casa dei Sindacati provoca pochissime reazioni nei media occidentali.
I comunisti non dimenticheranno mai il viso del giovane compagno diciassettenne, Vadim Papura, militante del Komsomol e del Partito Comunista d’Ucraina morto per difendere le sue idee. Immaginate: succede a Kiev e non a Odessa, i ribelli ucraini circondati da fautori dell’antico regime si rifugiano in una casa incendiata da forze ostili sotto gli occhi di una polizia impassibile e si ritrovano 40 cadaveri bruciati. I media occidentali si sarebbero scandalizzati.
E, in realtà, non è successo niente contro gli attivisti dell’estrema destra di Pravy Sektor che hanno intrappolato per poi incendiare persone vive guardandole morire. Esistono foto e testimonianze.
Eppure il ragionamento mediatico rimane binario. Da una parte, ci sono i buoni ucraini pro europei sebbene ultranazionalisti e dall’altra, ci sono i brutti ucraini pro russi così detestabili come i sovietici lo furono.
Il chiaro arruolamento mediatico revisionistico trova una strana risonanza politica nella risoluzione dell’Unione Europea adottata il 19 settembre 2019.
Si intitola “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa” ed equipara nazismo e comunismo partendo dal patto Molotov-Ribbentrop del 23 agosto 1939 (punto B).
Si accusa l’Unione Sovietica di aver privato i popoli “della libertà, della sovranità, della dignità, dei diritti umani e dello sviluppo economico” (punto D) però non si glorificano i milioni di morti di questo paese per aver combattuto il nazismo hitleriano e liberato l’Europa.
“L’allargamento dell’Unione Europea iniziato nel 2004 rappresenta un ritorno alla famiglia europea alla quale appartengono” e bisogna “costruire la resilienza europea alle moderne minacce esterne” (punto I). Di quali minacce esterne si tratta se non della Russia e probabilmente anche della Cina? “Condanna il revisionismo storico e la glorificazione dei collaboratori nazisti in alcuni Stati membri dell’Unione Europea” (punto 7). Lo ha fatto dopo la carneficina di Odessa? Ah no, non poteva, la risoluzione è stata adottata 5 anni dopo.
Torniamo all’Ucraina che, dopo questa risoluzione anche se non fa (ancora) parte dell’Unione Europea, mette fuori legge il Partito Comunista. E lo fa dopo aver approvato le leggi di decomunistizzazione che Ghennadi Ziuganov del Partito Comunista russo aveva definito “una rappresaglia contro gli oppositori politici”. I due fratelli Kononovich, il 6 marzo scorso, sono stati arrestati dai servizi di sicurezza ucraini. Sono accusati di collaborazione con i servizi segreti della Federazione Russa e della Repubblica di Bielorussia. Quando la repressione è di stampo fascista, sono sempre colpiti i comunisti. L’arresto dei due giovani compagni si inserisce nel filone filofascista anticomunista. In una democrazia funzionante non sarebbero stati arrestati e comunque, sarebbero già stati scarcerati. Tale “democrazia” sembra che sia da esportare in Portogallo, paese dell’Unione Europea, che accoglie rifugiati ucraini. Solo che si permettono di chiedere la messa al bando del Partito Comunista portoghese nel mese di maggio 2022. Chi non si ricorda della loro resistenza alla dittatura salazarista? Strano atteggiamento da parte dei rifugiati ucraini perché questo partito si è mobilitato per la pace. Oppure gli rimproverano di aver criticato l’istigazione alla guerra con l’inserimento televisivo del loro presidente all’Assemblea portoghese? Sembra che siano piuttosto l’elogio e la negazione dei crimini di Stepan Bandera ad esportarsi.
Decomunistizzazione è revisionismo storico, equiparazione è promozione del nazismo ed espulsione del comunismo, proibizione è attacco frontale alla democrazia. Tutta la federazione Estero del Partito Comunista si schiera a fianco dei comunisti perseguitati e dei partiti comunisti messi fuori legge.
Basta con la strumentalizzazione anticomunista! O socialismo o barbarie!