Contro il revisionismo
Per la verità storica
La “giornata del ricordo” è stata istituita dalla Legge 92 del 30/3/2004 al fine di “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
La rivendicazione di una giornata per ricordare le vittime italiane della liberazione antifascista della Jugoslavia era un obiettivo di tutti i neofascisti italiani e del loro partito, il MSI, fin dal 1947. Solo negli anni 2000 però questo obiettivo storico potè realizzarsi, grazie a quella “sinistra” che poi sarebbe diventata il PD che scelse di riscrivere la storia da quando un suo esponente, Luciano Violante, nel 1996 aveva chiesto comprensione per la scelta sbagliata dei “ragazzi di Salò”.
Prima di allora era ancora troppo vivo il ricordo del fascismo e dei suoi crimini che pareva inconcepibile qualsiasi attenuazione delle sue responsabilità; altrettanto viva era la memoria del contributo determinante dato dall’Unione Sovietica e dai comunisti alla sconfitta del nazifascismo.
L’istituzione di questa giornata è sempre stata sorretta da una narrazione mistificatoria e manipolata dei fatti storici ripetuta e divulgata dai mass media e anche da vari livelli istituzionali controllati da quella destra che, in Italia, non ha ancora reciso (dopo 77 anni!) i legami con un passato oscuro e criminale. Quella stessa destra che ha il tacito obiettivo di mettere in discussione l’importanza del 25 aprile.
In questi 18 anni dalla sua istituzione i riconoscimenti ai parenti degli infoibati sono stati conferiti alla memoria di gerarchi fascisti e a responsabili accertati di crimini di guerra in spregio alla Resistenza che liberò l’Italia dal fascismo e ai milioni di antifascisti.
Poco importa che la comunità degli storici abbia dimostrato che la costruzione sulle foibe è una montatura e una distorsione dei fatti che hanno altre ragioni e dimensioni [LINK]. C’è una foto che è il simbolo di questa falsa costruzione: ritrae soldati che fucilano civili inermi. È stata a lungo diffusa come prova dello sterminio degli italiani da parte degli slavi comunisti, ma in realtà quella foto, presa a simbolo del giorno del ricordo, ritrae invece la fucilazione di alcuni ostaggi slavi inermi da parte delle truppe italiane di occupazione.
Abbiamo pure sentito Paolo Mieli parlare di decine se non di centinaia di migliaia di morti. È in questo modo che si è affermata una retorica monopolizzata dall’estrema destra e la versione degli storici non è arrivata all’opinione pubblica.
Ormai nel mondo accademico e tra gli studiosi c’è accordo sulla ricostruzione dei fatti del settembre 1943 e su quelli della primavera del 1945, e quelli che cercano di raccontare come si sono svolti realmente i fatti sono oggetto di ostracismo e minacce violente. Le valenti giornaliste Kersevan e Cernigoi non sono mai più state invitate in Rai e in Mediaset e lo stesso succede allo storico Erik Gobetti autore di un libro che consigliamo di leggere ”E allora le foibe” (Laterza).
Ricordiamo cosa disse già Mussolini nel 1920: «credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani.»
Questa “politica del bastone”, iniziata subito dopo la fine della prima guerra mondiale, ben prima dell’avvento del fascismo, diede il via all’italianizzazione forzata delle zone occupate, alla repressione antislava: divieto di parlare in sloveno, chiusura delle scuole non italianizzate, devastazioni di sedi associative, ecc.
Molto prima delle infami leggi razziali del 1938, si voleva difendere la “razza italica” annullando l’autonomia culturale e linguistica delle popolazioni slave. A Trieste nel 1920 fu incendiato il Narodni Dom, la casa di cultura degli sloveni.
Nel 1941, l’Italia di Mussolini iniziò ad occupare la Jugoslavia e nel 1942 cominciò ad organizzarsi la Resistenza comunista come risposta alla guerra antipartigiana dei rastrellamenti e delle esecuzioni sommarie. Scoppiarono insurrezioni contadine in Slovenia e Istria per la riappropriazione dei campi, vennero distrutti i documenti dei colonizzatori italiani. Circa 400 persone furono gettate nelle foibe ossia negli inghiottitoi naturali delle aree carsiche.
Il 10 febbraio 1947, venivano firmati i trattati di pace a Parigi in cui si assegnavano l’Istria, Zara e parte del Friuli Venezia Giulia alla Jugoslavia.
Noi comunisti riteniamo che la falsificazione storica consiste già nel non contestualizzare un evento e nell’ignorare i documenti storici che ridimensionano e spiegano certi fatti. Nel “giorno del ricordo”, destra e sinistra si scatenano in un delirio nazionalista per raccontare un’identità che tende a sminuire il valore della Resistenza, la cui lotta, ricordiamo a tutti è la base fondante della nostra Costituzione e della nostra Repubblica. Nessun popolo ha bisogno della guerra. Però quando il nemico è senza pietà, bisogna schiacciarlo.
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